“Torniamo all’ossessione odierna per i «negazionisti del Covid»: andando a vedere, si scopre che «negazionista» è un epiteto scagliabile contro chiunque critichi l’irrazionalità e/o iniquità di un provvedimento o anche solo si mostri scettico sulla sua efficacia, chiunque smonti un esempio di mala informazione mainstream sul virus o reagisca sbuffando all’ennesimo titolo strumentale, chiunque ricordi le responsabilità del governo o dei governatori, chiunque rifiuti la narrazione dominante incentrata sull’«è colpa nostra, non ce la possiamo fare, gli italiani capiscono solo il bastone». Persino chi “indossa male” la mascherina si becca l’epiteto di «negazionista».
Il «negazionista» è il nuovo «quello che fa jogging».”
Con queste poche righe vorremmo far riflettere sulla questione che riguarda la campagna di criminalizzazione del pensiero e della critica, cercando di mostrare alcuni stratagemmi attraverso i quali si cerca di costruire un “pensiero unico”, il quale renderà sempre più difficoltosa qualsiasi forma di opposizione, anche a livello intellettuale.
Screditare è il primo passo ed il metodo più evidente è quello che viene utilizzato dai reporter “indipendenti” o di grandi reti che si recano nelle piazze dov’è in corso una manifestazione contro la rete 5g, la dittatura sanitaria o altri argomenti spinosi, allo scopo di cercare “i personaggi” che possano far passare tutta la manifestazione come composta da un gruppo di persone prive di raziocinio. Non dimentichiamoci che i filmati vengono tagliati e montati per dare allo spettatore una certa percezione di ciò che sta succedendo. I servizi televisivi che parlano di momenti di piazza come quelli sopracitati difficilmente mostrano gli interventi degli organizzatori o dei dibattiti interessanti e lucidi, al contrario danno visibilità unicamente a chi ha atteggiamenti o pensieri più funzionali a creare un’etichetta sotto la quale racchiudere chiunque abbia un pensiero non allineato in merito alla digitalizzazione, ai vaccini oppure alle “versioni ufficiali” che riguardano il covid-19.
Quest’etichetta svolge la funzione di screditare chiunque ponga delle critiche o delle riflessioni e non permettere che ci sia un dibattito in grado di arrivare a conclusioni differenti.
Se chiunque al di fuori dai “contesti ufficiali” parla di certe questioni viene rinchiuso nel gruppo da loro stessi creato dei negazionisti o complottisti, la sua riflessione non deve nemmeno essere presa in considerazione, a prescindere dal contenuto del pensiero espresso, perché pericolosa e sicuramente falsa.
All’interno di un clima di terrore dove ogni giorno viene ripetuto come un mantra quali atteggiamenti tenere per salvaguardare la vita di tutti e quali assolutamente da evitare; dove attraverso la retorica nazionalista si criminalizzano certi pensieri e certi comportamenti, è sicuramente più facile manipolare il pensiero e riuscire a convincere un’infinità di persone che crearsi un’analisi su ciò che sta accadendo, condividerla e creare un dibattito possa essere un pericolo e che possa in un qualche modo peggiorare questa situazione. Sta a noi non cadere in questo tranello.
Opinionisti dei salotti televisivi, così come i vari giornalisti e politici di turno non hanno fatto altro negli anni che dar voce alle peggiori nefandezze in nome di una democrazia che a loro dire è sinonimo di libertà di espressione e di pensiero, mentre oggi al contrario ribadiscono con forza quanto sia una priorità intervenire proprio contro tutto ciò. A nostro avviso la realtà è che la libertà di esprimere la proprie perplessità o le proprie analisi critiche è sempre stata soggetto a censure e filtri di vario tipo, così come la sbandierata retorica del diritto a chiunque di esprimere la propria opinione è da sempre soggetta a strumentalizzazione per far passare certi tipi di pensieri.
La situazione attuale ci ha mostrato come i mass media possano manipolare la percezione di ciò che stà accadendo attraverso la diffusione di certi argomenti o la censura di altri. Per essere chiari sembra che non ci siano altri morti se non per Covid-19, così come pare che non succeda altro nel mondo che non sia legato a questo argomento, e domandarsi a che scopo viene fatto tutto questo dovrebbe essere una priorità di tutti.
Per mettere a tacere la voce del dubbio si ricorre a mezzi ancora più meschini come trasformare in un soggetto psichiatrico chi rifiuta di credere ciecamente a tutto ciò che viene propagandato dai media, attraverso il parere di “esperti”.
Lo abbiamo visto su La7 al programma di Giovanni Floris dove la biologa Barbara Gavallotti ha dichiarato: “Il negazionista è in buona fede. Secondo Miller tutto parte dalla nostra incapacità di distinguere tra informazioni fondate e infondate, così come accade in alcune forme di demenza».”
Anche se vengono utilizzati modi e termini più “politicamente corretti”, il messaggio che il programma vorrebbe far passare è che chi non segue una certa linea di pensiero quindi è pazzo.
Una volta che si crea una categoria psichiatrica i soggetti che vengono fatti rientrare in quest’ultima perdono ogni possibilità di far valere le proprie ragioni perché queste verranno considerate sintomi di quella patologia. Appare chiaro l’enorme potere repressivo intrinseco in questa pratica, che rende ben visibile quanto l’aver costruito un mondo dove chi è un “esperto” ha ragione in quanto tale serva a legittimare pratiche di ogni tipo in grado di modificare in maniera irreversibile il pensiero comune e di conseguenza la realtà.
Possibile che siamo spaventati da pensieri o critiche che non abbiano un “bollino d’approvazione” da un qualche “organo competente”? Non siamo neanche più in grado di un giudizio autonomo? Quante notizie false ha dato la televisione fino ad oggi? Quante ne sono state smascherate? Perché allora si continua a credere e obbedire a tutto ciò che i media trasmettono?
Purtroppo non è semplice affrontare un argomento così complesso in un breve testo scritto, così come le risposte a certe domande hanno radici profonde che necessitano di uno studio approfondito perché si possano anche solo ipotizzare. Tuttavia crediamo che la serietà con la quale ci si pone di fronte alle questioni, oltre che alla chiarezza nell’affrontarle possa aprire una breccia in tutta una serie di pregiudizi che creano una corazza fatta di paure e che un breve spunto possa comunque essere un punto di partenza per stimolare la voglia di cercare e di comprendere ciò che ci stà intorno, con la consapevolezza che, al contrario di ciò che viene detto, questo non può far altro che arricchirci e che la conoscenza è liberatoria in quanto ci permette di affrontare la nostra esistenza in una dimensione di scelte che siano nostre.
Novembre 2020