CHE LA RESISTENZA DIVENTI ORDINARIETA’ – Volantino distribuito in piazza a Lecco

Nonostante in questo contesto storico ci troviamo ad affrontare un insieme di processi che trasformeranno radicalmente l’intera società, costringendo chi non vorrà adeguarsi ad una vita sempre più difficoltosa, è anche vero che un numero considerevole di persone ha iniziato a mettere in discussione questioni che vanno ben oltre l’imposizione di un siero genico o di un lasciapassare, il che può aprire un dibattito che vada a scardinare concetti che si davano per assodati. Il 31 marzo non è una data che segna la fine delle restrizioni e quindi da festeggiare, ma il giorno dal quale tutti gli strumenti messi in campo per la limitazione delle libertà personali e collettive diventano parte integrante della cosiddetta “nuova normalità”, ovvero una trasformazione sociale, politica ed economica (cominciato ben prima di questi circa due anni) che attraverso la normalizzazione dell’esclusione e la costruzione di uno stato di emergenza perenne cercherà di raggiungere nel minor tempo possibile gli obiettivi delle varie agende internazionali, come per esempio quelli del world economic forum e dell’alleanza per l’identità digitale. Se si vuole realmente cercare di cambiare ciò che vorrebbero farci credere essere inevitabile bisogna innanzitutto avere ben chiaro che questi processi non potranno essere fermati da nessun governo.
I vari partiti politici che sostengono il contrario ne sono consapevoli, ma mentono alle piazze pur di aver la possibilità di ritagliarsi un ruolo di privilegio sia economico che di potere: la storia si ripete sempre e sarebbe un grave errore non trarne insegnamenti. Questi ruffiani approfittatori, minano la costruzione di una reale lotta dal basso, impedendo o mutilando percorsi orizzontali, autodeterminati e autogestiti, che potrebbero anche portare a dei risvolti importanti, com’è accaduto in passato con le mobilitazioni contro il nucleare, gli O.G.M. e molti altri. Non facciamoci abbattere dal fatto di essere una minoranza rispetto a chi accetta supinamente qualsiasi ordine imposto dall’alto, ma al contrario ricordiamoci di quanto siano sempre state le minoranze a mettere in seria difficoltà poteri che sembravano inattaccabili. Quando si pensa alla lotta contro il regime fascista, troppo spesso la si immagina come un’opposizione che ha riguardato quasi l’intera popolazione, mentre in realtà, durante il ventennio sono stati piccoli gruppi clandestini o i singoli ribelli con le loro azioni e con la diffusione dei loro pensieri a costruire percorsi e momenti di lotta. L’aspettare di essere in tanti non deve trasformarsi in un pretesto per non cominciare a pensare a ciò che si può costruire anche in pochi, con coraggio e determinazione.
Noi crediamo che come non si ha avuto paura (o se la si è avuta si è scelto di affrontarla) di mettere in discussione la narrazione a senso unico di questi ultimi due anni, non si dovrebbe temere di mettere in discussione anche quelli che decenni di propaganda hanno fatto passare come dei valori e dei modelli di eguaglianza e di libertà.
Naturalmente questo significa cambiare completamente approccio, sia per ciò che riguarda il come opporsi che il per cosa opporsi. Quando nelle piazze si chiede il rispetto della costituzione, o ci si indigna per la venuta meno della democrazia, non si prende in considerazione che al contrario di ciò che hanno inculcato nella maggior parte degli individui, la democrazia è essa stessa un sistema di potere che fa dell’oppressione, dell’esclusione e dell’imposizione il proprio metodo di governo. Tutti i “privilegi” che questo modello concede (e che come ci ha dimostrato può togliere in ogni momento), pesa sulle vite di un numero incalcolabile di uomini, donne e bambini che nel Sud del mondo sono costretti ad una vita in semi-schiavitù, a subire occupazioni militari, ad essere scacciati dalle proprie terre, o nel caso in cui si oppongano ad essere uccisi, il tutto per garantire alle “democrazie occidentali” ciò che esse stesse definiscono benessere e progresso. Questo esempio ci mostra come la “società occidentale” sia stata fondata e si sviluppi grazie ad un’ideologia di stampo razzista, e che ha da sempre diviso l’intera popolazione terrestre in umani di serie A e di serie B. Oggi che qualcuno comincia a vivere sulla propria pelle cosa significhi l’essere stato messo in una categoria considerata “inferiore” ci auspichiamo che lotti perché nessun essere vivente sia considerato tale. Quando sullo striscione in piazza leggiamo “disobbedire alle leggi ingiuste è un dovere civile” ci chiediamo se si sia considerato il fatto che in questo slogan è presente una grossa contraddizione, ovvero che non esistono “leggi giuste” in assoluto in quanto i concetti giusto e sbagliato non sono universali, ma variano in base ai vissuti e alle analisi dei singoli individui.
La costituzione non è altro che un insieme di regole a salvaguardia dei privilegi di alcuni a discapito delle libertà di altri. Un concetto che non è immediatamente comprensibile dato il lungo indottrinamento che è stato fatto, ma che andrebbe preso in considerazione da chi ha scelto di dire no a ciò che sta accadendo. Ai vari microfoni delle piazze si ribadisce che non si è rispettato l’iter democratico e che quella che è stata instaurata è una vera e propria dittatura,
il che ci spinge a porre una domanda: se si fosse votato per la messa in campo del green pass e sull’obbligatorietà di questi sieri genici e la maggior parte dei cittadini (come i fatti hanno dimostrato) avessero espresso parere favorevole, chi oggi riempie le piazze non si sarebbe opposto?
Se la risposta è che ci si sarebbe opposti comunque, la contraddizione costringe a ragionare sul fatto che la democrazia sia l’imposizione della maggioranza sulla minoranza, che impedisce e reprime l’autodeterminazione dei singoli individui. Ciò che sta accadendo non è un malfunzionamento della democrazia dovuto ad una qualche mela marcia o essere infimo, poiché questo modello di società non è mai stato né un esempio di virtù né di uguaglianza. La propaganda del regime democratico ha convinto la maggior parte delle persone che gli interessi di chi sta al potere siano votati a tutela delle libertà degli individui e che agiscono per gli interessi della collettività anche se la verità è tutt’altra. Ribadiamo con forza che una democrazia egalitaria non è mai esistita e che non potrà mai esistere, quindi, perché non lottare per la libertà nel suo senso più ampio?
Da tempo immemore viene inculcato che senza le leggi ci si ritroverebbe nell’anarchia, come se quest’ultima sia il peggior male che possa accadere ad una società: non sarà che demonizzare certi pensieri e certe pratiche serva a non far riscoprire il significato profondo di libertà? In fondo a dirlo sono gli stessi che attraverso la propaganda hanno manipolato le menti e introiettato valori, bisogni e stili di vita che portano benefici esclusivamente a chi le leggi le crea e le modifica in base ai propri interessi. Noi per riprendere in parte lo slogan dello striscione, restiamo dell’idea che disobbedire sia necessario, un disobbedire che inevitabilmente si scontra con le loro leggi e i loro modelli.